9 marzo 2010

Philadelphia , la più amata dal cinema


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Non è Hollywood, non è la mecca del cinema, non ci sono neppure studi di registrazione. Eppure Philadelphia è una delle città più amate per girare film e telefilm. I suoi monumenti, le sue strade, le sue piazze sono diventate familiari allo spettatore medio proprio per averle viste in centinaia di pellicole. Tanto che nella capitale della Pennsylvania è organizzato un bus che porta nelle zone rese celebri dalle scene. Del resto, Philadelphia ha legato il suo nome ad uno dei film più premiati di sempre, "Philadelphia" appunto, con il premio Oscar Tom Hanks e con l'altrettanto Oscar alla colonna sonora con la canzone di Bruce Springsteen.

Una città elegante, storica e 'bene' come racconta "Scandalo a Philadelphia", indimenticabile film di George Cukor del 1940 con la viziatissima Katherine Hepburn divisa tra Cary Grant e James Stewart: un trio fantastico di attori, una sceneggiatura impeccabile presa da un testo teatrale e una villa faraonica a fare da scenografia. Tanto che lo stesso film venne ripreso molti anni dopo, nel 1956, e venne arricchito di musiche: era "Alta Società" con Frank Sinatra ma soprattutto con un vero simbolo della "Philly" bene", ovvero Grace Kelly, futura principessa di Monaco. Sua Altezza era nata proprio qui, come lo sono anche Richard Gere, lo scrittore Michael Connelly e Will Smith, che è partito dalla Philadelphia nera per diventare il "Principe di Bel Air". Ma l'immagine di Philly è tutt'uno con quella di Rocky. Qui infatti Silvester Stallone girò cinque dei film della serie e visitando il Philadelphia Museum of Arts non può non venir in mente la scalinata enorme dove il pugile si allenava, fino arrivare al vasto spiazzo in cina, alzare i pugni in alto in segno di vittoria e gridare il mitico "Adrianaaaa". A ricordo di Rocky, c'è una statua ai margini dello scalone, giusto per ribadire il concetto che Philadelphia è una città tollerante e aperta a tutto.

È proprio il Museo una delle tante attrattive culturali e artistiche della città. Non basta una giornata per visitarlo tutto con le tantissime sezioni, ha la collezione importante di Impressionisti, mentre intere ali sono destinate ai manufatti di India, Giappone e Cina. Tra Monet, Cezanne, Beato Angelico, Botticelli, una curiosità: il primo ritratto di una coppia afroamericana. Non mancano le mostre temporanee dedicate ai più grandi artisti del mondo: fino al 25 aprile 2010 ce n'è una dedicata a Picasso. Già la struttura stessa del museo è un esempio dell'architettura di Philadelphia. Ispirato alla Grecia classica, domina la parte terminale delle Benjamin Franklin Parkway, una delle più importanti arterie cittadine, a fianco del Fairmount Park. All'interno del parco c'è la succursale del museo, il Rodin Museum,c he ospita la collezione più vasta di opere di Auguste Rodin al di fuori della Francia. Inoltre, il museo ha il privilegio di avere una delle più belle panoramiche di Philly: dallo spiazzo sopra lo scalone l'occhio si perde sulla grande via dedicata all'illustre cittadino Benjamin Franklin e arriva fino al cuore della città, quello legato alla Storia degli Stati Uniti.

Fondata nel 1682 dal quacchero William Penn, è una delle città più antiche degli Usa. Sorge sulla riva occidentale del fiume Delaware, è attraversata da un suo affuente e il centro storico è compreso tra questi due fiumi. Qui, in questo fazzoletto di terra, si fece l'America, ispirata ai principi di libertà e tollerenza religiosa alla base delle intenzioni di Penn, che chiamò la sua città Philadelphia, ovvero in greco "città dell'amore fraterno". Costuita sulla planimetria a griglia, con tutte le vie che corrono in direzione nord-sud e in direzione est-ovest, ha il suo cuore nella City Hall, l'edificio più alto del mondo realizzato in marmo, lo stesso che fa spesso da sfondo alle inquadrature dei casi di omicidio irrisolti della serie tv "Cold case". La City Hall è il simbolo di Philly, con la statua di bronzo di 27 tonnellate che raffigura Penn sulla cima, che, fino agli anni Ottanta, prima che si cominciassero a costruire i grattacieli, dominava incontrastata la città. Proprio diripetto al municipio, si trova un vecchio tempio massonico: qui si tenne la prima runione di massoni nelle colonie nel 1732. Oggi è un museo con reperti storici di personaggi che hanno fatto l'America come George Washington, Andrew Jackson e Benjamin Franklin.


Dal Municipio parte la Market Street, la strada più commerciale di Philadelphia, anche questa unisce passato e presente serenamente. Tra centri commerciali sfavillanti, offre parecchie possibilità di sosta negli antichi mercati coperti dove assaggiare la gastronomia locale come la famosa "Philly's Steak" e i prodotti freschissimi provenienti dalle fattorie Amish nei dintorni. Una sosta rifocillante per chi vuole arrivare a piedi nella zona più storica della città. Per tutti gli altri c'è un comodo tram d'epoca che fa il giro delle attrazioni e porta alla Indipendence Hall. Costruita tra il 1732 e il 1756, è il luogo dove venne firmata il 4 luglio 1776 la Dichiarazione d'Indipendenza, la stessa che voleva rubare Nicolas Cage in "Il mistero dei Templari". Nella piazza dove sorge si respira davvero la Storia. Qui venne redata la Costituzione Americana, nelle aule venne ospitato il primo parlamento Usa. Sul lato opposto della Indipendence Hall si trova l'Old City Hall che fu teatro della prima corte Usa, la Corte Suprema. Davanti, nel Indipendence National Historical Park, detto anche il chilometro quadrato più storico d'America, c'è l'imperdibile Liberty Bell.

La campana venne fusa da una Fonderia di Whitechapel a Londra nel 1751, per celebrare l'anniversario della Carta dei Privilegi, redatta da William Penn. Una volta arrivata negli Stati Uniti, si scoprì una crepa e la campana fu di nuovo fusa. Posta in cima alla State House, come si chiamava ai tempi l'Indipendence Hall, faceva sentire i rintocchi in occasione dei maggiori avvenimenti pubblici: ad esempio chiamò i cittadini a raccolta per la prima lettura pubblica della Dichiarazione d'Indipendenza. L'ultima volta la campana ha suonato per il compleanno di George Washingston nel 1846, ma è rimasta il simbolo della libertà e dell'indipendenza per tutti gli americani. Sempre nel chilometro quadrato, c'è un altro palazzo consegnato alla Storia. È Carpenter's Hall che ospitò il primo Congresso Continentale che stipulò la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e che durante la Guerra d'Indipendenza americana divenne un ospedale. Ora è un museo dedicato al periodo coloniale. Finite le visite ai monumenti, è bello perdersi nelle stradine che delimitano la zona. Qui ci sono le case costruite quando gli Usa non erano ancora nati, il primo ufficio postale, molti spazi verdi con alberi e panchine dove ammirare gli scoiattoli, viuzze eleganti dove può sembrare di vedere il fantasma di Ben Franklin circolare liberamente tanto sembrano rimaste inchiodate in un'altra epoca.

Una sensazione riportata anche dal fatto che qui si svolgono tour per turisti con la guida vestita come nel Settecento. Un fantasma per fiction l'hanno davvero ospitato queste strade dei quartieri residenziali, con le case tutte tirate a lucido e i giardinetti perfetti. Era quello di Bruce Willis, psicologo per "Il sesto Senso". Philadelphia con la sua eleganza è stata pure una scenografia ideale per lo scambio di "identità" tra Eddie Murphy e Dan Aykroyd per "Una poltrona per due": in una via del centro si può vedere lo scalone doppio di un club per soli gentlemen, in stile inglese, dove rotolò il "povero" Aykroyd. Una delle mille anime di questa città ricca di storia, cultura, arte e sport: non a caso qui ci sono dodici squadre sportive professionali, i "Big 5" della lega di basket NCAA e si svolgono molti eventi. Mantenendo sempre vivi gli ideali di William Penn, che dall'alto del municipio continua a guardare sereno la sua città.

Mezzo secolo di fashion a Carnaby Street


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LONDRA - Cinquant'anni e non sentirli. Carnaby Street, la via probabilmente più famosa e sicuramente più cool di Londra, compie mezzo secolo, ma sembra essere più giovane che mai. Perché moda e stile, complice il revival Mod degli anni Novanta e la concentrazione di boutique, fashion designer internazionali e concept store d’avanguardia, stanno ancora oggi di casa in questo breve tratto di strada nel cuore di Soho, a pochi passi da Regent Street e Piccadilly Circus, dove nel XVI secolo i facoltosi lord inglesi si dilettavano nella caccia alla volpe proprio al grido di "Soho!", che ha finito per divenire il nome moderno dell’intero quartiere.

Carnaby Street e le dodici stradine contigue si animarono nel secondo dopoguerra, allorché East End bombardato non era più in grado di fornire spazi adeguati al commercio degli avanzi di stoffa. Vi si insediarono quindi le manifatture clandestine per i rinomati sarti e per gli atelier-uomo della vicinissima Savile Row, che diverrà poi altrettanto famosa per il leggendario "concerto sul tetto"dei Beatles nel gennaio 1969, l’ultima apparizione dal vivo dei Fab Four. Ma il punto di svolta per Carnaby fu a metà degli anni Cinquanta, quando Bill Green vi aprì la sua boutique per gay Vince. Fu una sorta di sdoganamento della zona dal tradizionalismo e il perbenismo dominanti, e preparò la strada alla rivoluzione dei costumi del decennio successivo, in cui Londra divenne la Swinging London e Carnaby street il suo cuore pulsante. La febbre modernista dei Mods, con la sua moda fatta di caschetti, stivaletti col tacco e gilet laminati, trovò casa fra i negozi di Carnaby, così come le boutiques più audaci. Mary Quant, la stilista che inventò la minigonna, vi si stabilì immediatamente, e la strada divenne luogo d’incontro per i personaggi più in vista del periodo, dagli idoli Mods per eccellenza, gli Who di Pete Townshend e i Kinks di Ray Davies, a Rod Steward e Jimi Hendrix. I club più alla moda del decennio nacquero intorno a Carnaby Street, dall’Ad Lib frequentatissimo da Beatles e Rolling Stoner al Bag O'Nails, dove Paul McCartney conobbe la prima moglie Linda Eastman.

Tra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta divenne ovviamente il punto di riferimento del Flower Power britannico, in cui dominavano colori sgargianti, pantaloni a zampa d'elefante e psichedelia, mentre negli anni Ottanta la strada dello shopping per eccellenza conobbe un periodo di declino, piegando su un'immagine trasandata e spesso banale ad uso e consumo del turismo di massa. La "rinascita" si deve al revival degli anni Novanta, che sulla scia dei successi di Blur e Oasis ha restituito a Carnaby Street un'immagine ricercata e d’avanguardia, per quanto spesso patinata, in cui domina comunque l'effetto nostalgia per la Swinging London dell'epoca Mod. Non per niente hanno fatto fortuna qui i negozi di Ben Sherman, Lambretta e Merc. Non manca, all’estremo sud della via, un fornitissimo Football Corner per gli appassionati del calcio d’Oltremanica, mentre gli unici due pub, Firkin e The Shakespeare's Head, resistono all’estremo opposto, a due passi da Great Marlborough Street. A celebrare i 50 anni di Carnaby Street, dal 28 febbraio al 1 aprile, la mostra di immagini e memorabilia "Carnaby Street: 1960-2010" presso il numero civico 38, dove verrà presentato anche l’omonimo libro, con fotografie di Philip Townsend e interviste a Amy de la Haye e Judith Clark, curatrici della mostra.

Per info www.carnaby.co.uk