26 febbraio 2010

Basilea, città di frontiera


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BASILEA - Inguainata tra le acque del Reno, Basilea, è la città più estrema della Svizzera. Al confine tra il Baden-Württemberg tedesco e l'Alsazia francese, si apre al visitatore con un fascino tutto particolare. Stretta in un cantone grande quanto la città stessa (Basel Stadt), Basilea non solo è la capitale culturale della Svizzera, la città delle duecento fontane, quella della più antica università elvetica e di un carnevale notturno di grande fascino, ma affonda le sue radici nella storia più profonda. La sua fondazione risale al 44 a.C. con Augusta Raurica per opera del generale romano Lucio Munazio Planco, celebrato con una statua all'interno del cortile del pittoresco Rathaus (consiglio cittadino detto "Roothuus" nel dialetto locale) costruito tra il 1504 e il 1514, in pietra arenaria di colore rosso scuro, nella piazza del mercato (Marktplatz). Basilea entrò a far parte della Confederazione nel 1501 e divenne l'undicesimo Stato svizzero.

Nel periodo oscuro delle lotte di religione che divise e insanguinò l'Europa fra il XV e il XVI Secolo, Basilea non diede natali a grandi riformatori, a differenza di Zurigo o Ginevra, ma si trovò ugualmente coinvolta nella disputa e divenne sede del Concilio fra il 1431 e il 1437. Ma è soprattutto l'anima precedente della città, quella medievale a emergere ovunque. Dalla cattedrale ad esempio, il Münster, la cui costruzione fu avviata nel 1019 dall'imperatore Enrico II e terminata nel 1500. La gigantesca chiesa domina la collina sul Reno e sotto le sue navate riposano le spoglie del filosofo Erasmo da Rotterdam, che a Basilea si spense nel 1536. La religione ha sempre caratterizzato la storia di questa città. Governata dai principi-vescovi dal 999 al 1529, ancora oggi il bastone, simbolo dei prelati, è presente nell'emblema cittadino. Dall'altra parte del fiume, fra il 1225 e il 1226 venne fondata la testa di ponte che prese il nome di Kleinbasel (Piccola Basilea). Il disastroso terremoto del 1356 inflisse un duro colpo alla città, ma non impedì che numerose vestigia medievali giungessero fino ai nostri giorni, così che ancora siano il simbolo di Basilea accanto alla sua moderna anima industriale.

A passeggio per la città vecchia si possono ancora ammirare le pittoresche fontane, duecento in tutto, copie delle sculture originali conservate al chiuso, che contraddistinguono i quartieri e i mestieri che li caratterizzavano. Nei percorsi pedonali, l'amministrazione ne propone cinque, caratterizzati ognuno da un tema particolare, capita così che si aprano angoli di tranquillità che non sembrano nemmeno appartenere a una grande città. Uno di questi è la minuscola Andreas Platz, uno slargo che fino a due secoli fa ospitava una cappella (Sant'Andrea appunto) circondato ancora oggi dalle antiche case degli artigiani. Siamo nei quartieri delle arti e dei mestieri e ancora oggi i nomi delle vie richiamano le corporazioni di un tempo: come Imbergässlein, o via dello zenzero, nel quartiere degli speziali. Altri nomi restano evocativi: la centralissima Barfüsserplatz, o piazza degli scalzi, prende il nome dal vicino monastero francescano. Ma ritorniamo al Reno. La vera spina dorsale cittadina che se d'inverno è solcato in larghezza dai traghetti a cavo (ce ne sono quattro ad attraversare da punti differenti) d'estate si punteggia delle teste dei bagnanti. Sì, perché a Basilea si fa il bagno nel fiume, limpido e pulito.

E poi, inconsueto aspetto per una città svizzera, la skyline. Basilea ospita due edifici caratteristici per il loro profilo verticale: la sede della Banca per i regolamenti internazionali, vicino alla stazione delle ferrovie svizzere (vista la vicinanza con la Germania, in città ne è presente anche un'altra servita solo da quelle tedesche) e la Torre della Fiera, la Messeturm, che con i suoi 105 metri è il più alto grattacielo elvetico. All'ultimo piano si può ammirare il panorama cittadino dalle vetrate del Bar Rouge, uno dei locali più trendy della Basilea moderna. La stessa fiera è uno dei poli della nuova città e ospita la Baselworld, la più importante esposizione mondiale dell'orologio e del gioiello. L'edizione 2010 si terrà dal 18 al 25 marzo. E ancora, lo sport: a Basilea gioca l'omonima squadra di calcio che da qualche anno si è messa in luce anche nelle competizioni europee e che afronta gli avversari nel St.Jakob Park, il più grande stadio svizzero, rinnovato per gli Europei del 2008. La storia dell'FC Basel racconta anche che uno dei suoi primi campioni, Joan Gamper, si trasferì in Spagna e fondò nientemeno che il Barcellona, che infatti condivide i colori con il Basilea. Ma non c'è solo il pallone, da queste parti anche il tennis dice la sua. La città ha infatti dato i natali a Roger Federer e ospita annualmente i migliori campioni Atp nel Davidoff Swiss Indoor.

Dove mangiare
Non manca la scelta a tutti i livelli e per tutti i gusti. La migliore atmosfera basilese si respira tuttavia al Zum Braunen Mutz, in Barfüsserplatz al 10. Il locale al piano terra offre piatti della cucina locale in una tipica brasserie. Un profilo più elegante, ma ugualmente accogliente, caratterizza invece il Les Gareçons, all'interno della stazione Badischer Bahnof.

Dove dormire
Il quartiere fieristico offre vicinanza al centro mista a ottimi servizi e prezzi accessibili. Un'ottima scelta è l'Hotel du Commerce, in Riehenring al 91. Da qui passano anche numerose linee tranviare dirette oltre Reno.

Il carnevale protestante (di Claudio Agostoni)

Da Cordoba a Granada, magnifica Andalusia


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MALAGA - Se New York è la città che non dorme mai, la Spagna soffre d'insonnia. E questo non solo a Barcellona e Madrid, belle e magnificamente diverse, nella lingua e nello stile, dove dalla trionfale Gran Via alle Ramblas tutto ha un sapore magico. È infatti il sud della Spagna che colpisce per questa attitudine, in città che hanno nomi e sapori antichi, ricche di storia e cultura, in una parola, in Andalusia. Il viaggio comincia da Malaga, ma una volta atterrati affittate una macchina e dirigetevi verso la prima tappa: Gibilterra. Anche se questa non è più Spagna, ma si entra nel possedimento mediterraneo del Regno Unito, si passa da qui per soddisfare la curiosità di ammirare le coste africane sotto la Rocca, ovvero la montagna che rende famoso il panorama di questo luogo, e provare a contare le navi che dall'Atlantico entrano nel Mediterraneo. Percorrendo tranquille e comode strade, la successiva tappa obbligata è Cadice.

Una veloce passeggiata nella parte vecchia, dove le strettissime vie mostrano evidenti e affascinanti segnali di antiche civiltà che sono passate da lì. Prendete poi la strada in direzione Siviglia. La magica Sevilla, fa rimanere quasi basiti di fronte allo spettacolo offerto dalla campagna spagnola che ospita un grosso segnale di modernità: centinaia di gigantesche pale eoliche che non deturpano affatto lo splendido paesaggio naturale. Siviglia non finisce mai di stupire. Qui ci si può fare accompagnare nella visita alla città a bordo di una simpatica e accogliente carrozzella. Il conducente saprà svelare tanti piccoli e curiosi segreti che questa 'metropoli' nasconde. La cattedrale è monumentale, e gli amanti della storia della navigazione potranno ammirare la tomba di Cristoforo Colombo e il barocco spagnolo, molto presente anche nelle altre chiese. Le costruzioni monumentali, appena fuori dal centro, testimoniano ancora l'Expo del 1992. La Plaza de Toros con la statua dedicata al torero Manolete, fa rivivere le grandi corride e nel silenzio sembrano echeggiare gli ole della migliaia di spettatori. Prima di lasciare Siviglia è doverosa una visita attenta all'Alcazar, l'antico palazzo reale, originariamente fortezza dei mori.

Alzatevi di buon mattino e partite alla via alla volta del cuore dell'Andalusia, prima tappa Cordoba o Cordova, vecchia capitale della Spagna musulmana. Dalla maestosità alla semplicità all'austerità, Cordoba è la città dove più di ogni altra sono visibili i segni del passato arabo. Si può cominciare con una visita alla Mezquita, moschea dalle mille colonne tutte diverse una dall'altra con un fantastico chiostro ricco di aranceti. Anche questa incantevole città si offre con grande semplicità e facilità ad essere percorsa a piedi. Consigliamo di non perdere il quartiere della Juderia, con strade scoscese e acciottolate, arricchite dai colori verdi e arancio degli alberi in contrasto con le case tutte bianche. Da Cordoba si può partire alla volta di Granada, capoluogo della regione, molto vicina alla Sierra Nevada, caratteristica che la rende ancor di più affascinante. Passeggiando per il centro, spicca anche qui evidente il segno lasciato dalla dominazione araba. Anche visitandola in inverno l'Andalusia sembra accogliere il visitatore con un clima primaverile che da queste parti arriva quasi in anticipo. Basta una giornata di sole per girare in città anche in maniche di camicia.

Tuffatevi nelle viuzze e visitate l'Alcaiceria, l'antico mercato della seta all'epoca musulmana e ora trasformato in un semplice mercato di souvenir. La sera potete poi affacciarvi, attraverso un piccolo tour, nei quartieri popolari, dove la tradizione rispetta le vecchie usanze con ristorantini e locali. Qui il clima è davvero seducente e con un po' di audacia si può tentare di ballare le antiche danze gitane che animano le vie ad ogni angolo. Ciò che rimane è tutto il fascino e la bellezza di luoghi come Plaza Bib-Rambla con la fontana dedicata al Dio Nettuno; o come la piazza dedicata alla Regina Isabella la cattolica, con il monumento fatto erigere in onore a Cristoforo Colombo. Ma il fiore all'occhiello è l'Alhambra o Palazzo dei Sultani. Un'intera città capolavoro dell'architettura islamica dove bisogna rispettare orari precisi per entrare, ma la breve attesa è totalmente ripagata dallo spettacolo che si presenta dietro ogni particolare e ogni angolo. Si riparte da Granada alla volta di Malaga, ma nella mattina è assolutamente consigliabile un ritaglio di tempo necessario alla visita del quartiere musulmano dell'Albayzin. Bastano poche ore e nel primo pomeriggio si può ritornare a Malaga non senza prima aver programmato una cena sulla spiaggia al ristorante "El Tinero", cena a base di pesce freschissimo, messo in bellavista, cucinato all'istante. Motivo in più per tornare, anche fuori stagione.

25 febbraio 2010

Shanghai, la Cina di domani


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SHANGHAI - Futuro e passato insieme. Una metropoli tutta proiettata sulla tecnologia e lo sviluppo commerciale: se non fosse per i caratteri cinesi dei manifesti luccicanti sui grattacieli si potrebbe credere di essere in una qualsiasi delle città statunitensi. Ma per fortuna il cuore vero di Shanghai rimane legato alla tradizione, ai templi e ai giardini di una millenaria cultura. Tutto qui appare sfavillante sin dalla prima occhiata. Anche perchè i cinesi ci tengono a fare buona impressione con l'Expo, dall'1 maggio al 31 ottobre 2010. Il Centro Expo, costruito con un'architettura in linea con la tutela ambientale, è l'esempio di quanto Shanghai sia concentrata sul futuro. Dopo l'esposizione mondiale, dove confluiranno tutte le novità di idee umane e milioni di turisti, il centro riunioni per le celebrazioni, centro stampa e attività, diventerà uno degli stadi permanenti più grandi e importanti del mondo, un centro conferenze internazionale di primo livello adatto ad ospitare convegni e riunioni di ogni genere. Un classico di questa Shanghai che sembra mordere il freno e volersi imporre come metropoli all'avanguardia in tutti i sensi.


L'Expo sorge in un grande parco, nella zona più recente, sulla sponda destra del fiume Huangpu che divide in due la città. Da quelle parti c'è anche la Torre Televisiva Perla d'Oriente, diventata con i grattacieli che la circondano, il simbolo e il panorama stesso della Shanghai di oggi. Colorata, illuminata, tecnologica. Lo skyliner migliore per godere di Pudong, la zona nuova, è invece proprio l'altra sponda del fiume, costeggiata dal Bund. Uno splendido e lunghissimo lungofiume, meta ideale per una passeggiata, per prendere un caffè o assaggiare qualche specialità dai tanti chioschi che si incontrano sul lato pedonale. O per fare una foto alla statua del filosofo Cheng Yi. Ha un'aria retrò, il Bund. Sembra di essere trasportati negli anni Trenta, anni d'oro per la città cinese. Lungo il chilometro e mezzo del lungofiume, scorrono infatti edifici dagli stili diversi, molti dei quali affondano le radici in quel periodo storico. E poi negozi chic di grandi firme della moda italiana, alberghi di lusso, banche e club che in quell'epoca erano ritrovo di avventurieri e miliardari, re e ambasciatori. Un tempo il Bund era una riva fangosa, occupata dai pescatori che scaricavano la loro merce, ma tra il XIX e il XX Secolo si è trasformata nella strada più ambita della Cina. Durante la rivoluzione fu visto come un simbolo dell'occupazione straniera della città e soltanto negli anni Novanta è tornato piano piano all'antico splendore. Oggi è meta ideale per partire alla scoperta di Shanghai. Da qui, ad esempio, si può affittare una delle tante barche che fanno la spola sul fiume e godere la vista della metropoli dall'acqua. Sul Bund, proprio all'altezza della statua di Cheng Yi, sbuca Nanchino Road, ovvero la strada pedonale più trafficata e commerciale del mondo. Provare ad attraversare la via in mezzo ad una folla continua è una delle esperienze più elettrizzanti che possa fare il visitatore occidentale, senza rimanere travolto dalla multidudine umana.

Vanno tutti a fare shopping perchè questa è la Shanghai versione capitalista: un susseguirsi senza fine di negozi di abbigliamento casual, di grandi magazzini dove le commesse non spiccicano una parola di inglese ma ascoltano la musica pop straniera a tutto volume, di cartelloni formato gigante illuminati. Per fortuna, incastrato tra i grattacieli di cemento e metallo e i tanti schermi enormi, rimane qualche negozietto che vende tè e prodotti tradizionali. Altrimenti sembrerebbe di essere in una New York qualunque. Dall'altro lato della Nanchino rispetto al Bund, si trova un quartiere culturale e politico con al centro la piazza del Popolo, occupata da un grandioso parco dove la mattina gli abitanti vengono a fare pratica di Tai Chi all'ombra del Palazzo del Governo. La piazza è pure punto di ritrovo per gli appassionati di musica: qui si affaccia il Teatro dell'Opera, che spesso ha ospitato artisti italiani in concerto. Alle sue spalle, sorge il Museo di Shanghai, uno dei tre musei più belli della Cina, inaugurato nel 1997. Ospita collezioni di bronzi, di sculture e di opere risalenti alle varie dinastie, anche se la Galleria delle Ceramiche e delle Porcellane rimane il fiore all'occhiello della struttura. Il Museo, dopo tanto futuro e modernità, sarà per il turista una tuffo nel passato millenario del Paese e un'ottima base di partenza per calarsi nel cuore della città vecchia. E finalmente si respira aria di Cina, di tradizioni e solide radici. A due passi dal Bund e dal fiume, circondata dai viali Renmin Lu e Zhonghua Lu, rimane la città vecchia: una sorta di quartiere di case basse dai tetti ricurvi con le tegole rosse e le lanterne alle porte che sembra lontano anni luce dalla metropoli caotica. E' uno spazio abbastanza ridotto, comodo da visitare a piedi, un reticolato di strade e stradine da scoprire, arricchito da bazar e negozietti di ogni genere.

Da non perdere il Giardino del Mandarino Yu, splendido e immortale. È il classico giardino cinese, circondato da mura che sono serpeggiate da un drago. Fu disegnato nel 1578, su ordine del mandarino Pan Yun Duan, governatore della provincia del Sichuan, per onorare i suoi genitori. E' molto grande, ma passeggiando in un percorso prestabilito che tocca padiglioni, complessi di pietre e il laghetto con le anatre mandarine, non ci si accorge della sua vastità. Ci si perde, piuttosto, nel silenzio, nell'atmosfera capace di rilassare, nella composizione particolarmente studiata di fiori, piante e rocce. Qui è rappresentato il mondo in miniatura, secondo la tradizione cinese in un gioco di prospettive, colori, forme per dare vita all'armonia dell'universo. E' un luogo che trasuda magia e fascino: una sensazione che rimane a lungo, nonostante appena varcata l'uscita si è di nuovo immersi nel bazar e si ritorni allo spirito commerciale cinese. Anche il Tempio del Buddha di Giada ha il potere di portare in un'altra epoca. Si trova in un quarteire rumoroso e poco attraente, ma è una sosta necessaria per il visitatore alla ricerca della Cina che fu. In origine era un monastero, fu costruito nel 1882 per ospitare due statue del Buddha in giada bianca portate dalla Birmania. Chiuso fino al 1980, minacciato durante la Rivoluzione Culturale, deve la sua sopravvivenza al coraggio del bonzo che era a capo del monastero: bloccò le porte del tempio e le tappezzò di ritratti del presidente Mao, che sarebbe stato un sacrilegio violare. Così il tempio oggi è potuto tornare alla bellezza originale. Abitato e servito da monaci buddisti, è composto da tre sale centrali separate da cortili: in quella di sinista c'è il Buddha sdraiato di giada bianca lungo 96 centimetri. Finita la visita si ritorna al futuro, alla Shanghai super illuminata e dall'anima mercantile fino al midollo come nei tantissimi mercati delle pulci, brulicanti di vita e di cianfrusaglie.




Come arrivare
L'unico collegamento diretto lo effettua la compagnia di bandiera cinese Air China, che vola su Milano. In alternativa si può raggiungere Shanghai con uno scalo utilizzando le maggiori compagnie europee e asiatiche, soprattutto mediorientali.

Quando andare
Shanghai ha quattro stagioni distinte con estati e inverni lunghi e mezze stagioni brevi. Per quanto proprio primavera e autunno siano sempre i periodi migliori, la destinazione è visitabile tutto l'anno in virtù del fatto che le temperature non sono estreme neanche in estate o in inverno. Dalla fine di agosto a tutto settembre, i tifoni che passano più a sud portano sulla propria scia abbondanti precipitazioni.

Brasilia, 50 anni cercendo il futuro


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BRASILIA - Jurij Gagarin, il primo uomo nello spazio, quando mise piede qui dopo il suo storico viaggio, disse che sembrava di sbarcare su un altro pianeta. E Brasilia ancora oggi comunica quest'impressione. Capitale del Brasile dal 1960, la città ques'anno festeggia il suo primo mezzo secolo e fu costruita sul niente in soli tre anni (i precedenti tre anni) per volontà dell'allora presidente Juscelino Kubitschek, dai brasiliani meglio conosciuto come JK. Si trova nel desolato entroterra brasiliano, al centro dello Stato creato per ospitarla: il Distríto Federal. Brasilia, anzi: Brasília, con l'accento, come vuole la grafia portoghese, nasce dal desiderio di realizzare rapidamente una nuova capitale in alternativa a Rio de Janeiro e in posizione più centrale. Una città ideale, moderna e all'avanguadia, in grado di rappresentare la grandezza e il potere economico del Brasile che in quegli anni si stava affacciando come una promessa sulla scena mondiale. Una promessa ancora oggi non del tutto mantenuta.

Per la strana architettura, per la sua pianta, per la sistematica ripetizione delle zone abitative e per le soluzioni urbanistiche non convenzionali, Brasilia contrasta enormemente con il Paese di cui è stata chiamata a rappresentare il centro politico e amministrativo. Soprattutto contrasta con la concezione della vita dei suoi abitanti, quanto di più lontano possa esistere dalla rigida razionalità di un progetto. Eppure ancora oggi Brasilia è lì, amata, spesso discussa, sicuramente ammirata, figlia universale del mondo che si stava proiettando nell'era spaziale e avvertiva già allora che un giorno forse, tutte le città del pianeta le sarebbero state simili. Brasilia fu concepita dalla mente di tre brasiliani: Oscar Niemeyer, Lucio Costa e Roberto Burle Marx e nemmeno questi probabilmente pensavano che la loro creatura sarebbe entrata un giorno nei siti patrimonio Unesco. Le sue strade larghissime, progettate per snellire il traffico, l'hanno assorbito così bene che oggi sembrano deserte. E non sono solo le auto a mancare dal paesaggio. Le avenidas sono prive di marciapiedi e la quasi assoluta assenza di alberi e di ombreggiatura impedisce di fatto la fruizione degli immensi spazi agli abitanti. Così che vista in prospettiva, magari dall'alto della torre della televisione, sembra una città deserta.

A metà strada tra una meraviglia e un dipinto surrealista, Brasilia è una città pensata per il lavoro. La pianta del suo nucleo centrale, il Plano piloto, ricorda un aereo, ed è tutta un fiorire di simboli: in cima, nella cabina di pilotaggio, Camera, Senato, Congresso e ministeri. I primi due con le famose forme a scodella: una concava e l'altra convessa. Poi le ali, il sostegno, e qui sorgono i quartieri abitativi, uno uguale all'altro e distinguibili solo grazie a una complessa numerazione che fa assomigliare un indirizzo a una formula matematica. Si percepisce un senso di smarrimento nel visitare Brasilia, ma l'orientamento è aiutato dalla laguna artificiale Paranoá che si estende, ramificata come una radice, tutto intorno alla città, quasi ad abbracciarla. Su uno dei rami della laguna si lancia l'immenso e - inutile precisarlo - avveniristico ponte a tre arcate che, come tutto qui, porta il nome del presidente Kubitschek. Al centro dell'incrocio fra ali e fusoliera, si apre un altro edificio che sembra uscito da un film di fantascienza: si tratta del Centro Cultural da República, formato dal Museo nazionale Honestino Guimarães e dalla Biblioteca nazionale Leonel de Moura Brizola. Verso sud sorge la cattedrale, anche questa figlia di un salto spazio-temporale. La struttura visibile, di fatto un'immensa vetrata con la sua intelaiatura a costole, ne è solo la copertura: l'edificio vero e proprio si apre nel sottosuolo.

E a proposito di suolo, anche questo contribuisce a dare un aspetto 'marziano' a Brasilia, col colore rosso acceso delle argille che affiorano ovunque in questa parte di Planalto Brasileiro. La città è concepita come un falansterio e i suoi servizi sono tutti annegati nel tessuto urbano. Così in centro si trova anche l'autodromo Nelson Piquet e poco lontano, rispondendo alla logica dei distretti, lo stadio dove giocano i campioni locali della Brasiliense, squadra giovane come ogni altra cosa da queste parti e nata nel 2000. Sull'altra ala si apre il grande parco cittadino. Fuori invece dal disegno ideale dell'aereo, gli aerei veri, che atterrano, ovviamente, al Kubitschek e che da qualche anno collegano con voli diretti anche l'Europa. A nord poi, il tesoro naturale di Brasilia: l'immenso polmone verde del parco nazionale omonimo. Ma il Brasile si riappropria del concetto di città appena lontano dalla sua capitale. E così a pochi chilometri si aprono i centri satellite, disordinati agglomerati che non sono usciti dal tavolo da disegno. Taguatinga, Samambaia, Riacho Fundo, Sobradinho e Planaltina sono alcune di queste anti-Brasilia dove il Brasile torna riconoscibile. Come scrive Massimiliano Fuksas: "La città reale ha bisogno dell'alchimia della complessità, non può essere figlia di un disegno tracciato a tavolino". Visitare Brasilia, tuttavia, è una delle migliori esperienze da fare su questa Terra. Anche se sembra di essere su un'altra.



Appuntamenti per il cinquantenario
In occasione dell'anniversario, di Brasilia, BrasiliaTur (organo legato alla Segreteria dello Sviluppo Economico e del Turismo del Governo del Distretto Federale) ha avviato diversi progetti di ristrutturazione, dalla celebre Cattedrale Metropolitana alla panoramica Torre della Televisione, fino alla riqualificazione del lago Paranoá. La Zecca dello Stato ha invece annunciato il conio di una speciale moneta celebrativa in onore del cinquantenario. Il 21 aprile 2010 la Esplanada dos Ministérios (l’ampio viale lungo cui si sviluppano le sedi degli organi governativi, la Cattedrale, e altri palazzi imperdibili come il Museo Nazionale) ospiterà una grande festa per celebrare l’anniversario della capitale, cui parteciperanno artisti di spicco provenienti da tutto il Brasile.

Come arrivare
La compagnia portoghese Tap propone collegamenti diretti da Lisbona, gli unici che uniscano senza scalo Brasilia all'Europa. In alternativa, si può volare da Milano a San Paolo con la brasiliana Tam e continuare poi con questa verso la capitale.

Quando andare
Brasilia gode di un clima equatoriale ed è una classica destinazione da tutto l'anno. Ma il periodo migliore per visitare questa parte di Brasile è sicuramente fra giugno e agosto, nella stagione secca, quando le temperature scendono a un'accettabile media di 19-20 gradi e la pioggia concede un po' di tregua. I picchi delle precipitazioni si toccano a dicembre e gennaio, con un parallelo innalzamento delle temperature e dell'umidità.

24 febbraio 2010

Sul mare delle Eolie con Simone Cristicchi


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Simone Cristicchi, cantautore romano poliedrico, sempre pronto a dire la sua. Quest'anno è in gara al Festival di Sanremo con il brano "Meno male" che ha già suscitato polemiche per il verso dedicato alla First lady francese Carla Bruni.Oltre alla partecipazione sul palco dell'Ariston, Cristicchi è impegnato anche in uno spettacolo teatrale, la cui prima verrà presentata proprio durante il Festival, che si intitola "Li romani in Russia" un monologo sulla tragica campagna del 1941/43. Il suo nuovo album si intitola "Grand Hotel Cristicchi". "Adoro il mare e le isole in particolare, le ho visitate quasi tutte da Pantelleria a all'Isola del Giglio. E se c'è un viaggio che è rimasto nel mio cuore è proprio quello che ho fatto alle Eolie..."


"Avevo ventuno anni e sono partito da solo: per una serie di coincidenze le persone che avrebbero dovuto venire con me non hanno potuto più e io non ho voluto perdere la vacanza. Le Eolie non sono troppo lontane, ma sono un universo particolare. In particolare Alicudi, la meno abitatata delle isole, senza grandi strutture, con gli asini veri re del luogo. Per me è stato irreale ascoltare il silenzio rotto solo dai versi dei gabbiani. Ci sono rimasto un mese, era maggio e quindi senza turisti, il momento migliore per assaporare quei luoghi.

Eravamo io e i pescatori: una rarità anche loro, ormai. Sono andato a pesca di notte con loro, ho preso i totani e avevo con me il diario che scrivo sempre e la macchina fotografica. Ho girato tutte le Eolie: ho conosciuto persone meravigliose nella loro semplicità, artisti come alcuni scrittori che erano andati in cerca di ispirazione, ho visitato la casa di Salina dove Massimo Troisi ha girato "Il Postino", ho assaporato i cibi tipici, compresi molti pesci. Mi svegliavo alle cinque della mattina e andavo a dormire alle nove: lì si sposta il senso del tempo, tutto rallenta. E' un'esperienza da godersi appieno, dove l'unica colonna sonora è il silenzio. Alcune situazioni e immagini mi sono venute in mente quando ho scritto "L'isola", una canzone del mio primo cd. Parlavo di un altro viaggio, sempre un'isola, ma stavolta in Grecia, però alcune sensazioni si riferiscono proprio alle Eolie.

Cinque domande a...Noemi


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È stata una delle rivelazioni musicali del 2009. Noemi, vero nome Veronica Scopelliti, romana, è stata lanciata da "X Factor 2": dopo il talent show è stato un susseguirsi di successi per lei. Ha pubbicato un ep e un album, è arrivata prima in classifica, ha vinto un disco d'oro e uno di platino in pochi mesi e si presenta tra i big al Festival di Sanremo 2010. Noemi ha iniziato con la musica a sette anni, prendendo lezioni di piano e facendo parte del coro scolastico, ha continuato da grande facendo la corista in spettacoli teatrali e cantando in gruppi rock. I suoi demo hanno partecipato a parecchi concorsi, compreso SanremoLab, e nell'autunno 2008 è entrata ad "X Factor 2" nella categoria +25 seguita da Morgan. Una volta finito il programma, ha pubblicato "Noemi", un ep con cover e il singolo "Briciole", che è diventato una hit estiva. Ha preso parte al concerto benefico "Amiche per l'Abruzzo" e nell'ottobre 2009 ha realizzato il primo cd di inediti, "Sulla mia pelle" , il cui singolo, "L'amore si odia", è un duetto con Fiorella Mannoia che arriva altissimo in qualsiasi classifica. Ha scelto come nome d'arte Noemi perchè la madre avrebbe voluto chiamarla così alla nascita, è laureata con 110 e lode in Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo. In passato per mantenersi ha fatto anche la barista e la cameriera. Oggi al Festival di Sanremo presenta "Per tutta la vita".

Come si prepara per un viaggio?
Sono una persona abbastanza pigra, quindi per un viaggio non mi preparo mai con largo anticipo. Sicuramente però l'entusiasmo per le novità che potrei incontrare è un ingrediente importante nelle 24 ore che precedono la partenza. Visito inoltre molti siti internet dove si parla della mia destinazione, compro guide e cerco di informarmi sulla lingua. Sapersi esprimere all'estero è molto importante. Ma non cado negli stress pre-partenza, non è nella mia indole!

Cosa non dimentica mai di mettere in valigia?
Non dimentico mai un buon libro e il pc con connessione wireless.

Il viaggio che ricorda di più e che porta nel cuore?
Il primo viaggio a Londra da sola con mia sorella Arianna. Ci siamo divertite da matti e Camden Town è stata una vera e propria scoperta!!

La musica che ascolterebbe per rivivere le emozioni di quel viaggio?
"Bitter sweet symphony" dei Verve oppure gli Oasis. Aggiungerei anche i Beatles, so di cadere nell'ovvio ma sono irrinunciabili.

Il cibo più particolare che ha assaggiato?
In Inghilterra il cibo non è il massimo! Sicuramente la pasta scotta è un classico da provare.

Foto di Alessia Laudoni per no logo