21 gennaio 2010

Cuba, una volta non basta


copyright www.latitudinex.it
L'AVANA - Si rischia davvero di sacrificare l’imparzialità parlando di Cuba. Ma è un rischio che si può correre, oltretutto sarebbe impossibile non farlo perché questa meravigliosa isola ha così tanto da dare che non basterebbe un unico viaggio per conoscerla davvero. Un viaggio che vogliamo far iniziare dalla capitale, L’Avana, la cui struggente decadenza entra dentro il visitatore per restare impressa nella memoria, coi suoi colori e la sua vivacità. Nella parte vecchia, La Habana Vieja, la vita è fuori, nelle strade, nei vicoli poco illuminati la sera che alle nostre latitudini trasmetterebbero una sensazione di fastidio, paura, mentre qui sembra che nulla di male possa accadere.

Ben presto ci si sente quasi a casa, i suoni dei televisori e delle radio accese nelle case, quando queste, la sera, si illuminano e le strade si svuotano, diventano familiari, diventano un sottofondo a cui ci si abitua con piacere. Girando il centro storico ammirando i vecchi palazzi, si può visitare la cattedrale, la Plaza de Armas e il suo bellissimo mercatino all’aperto di libri usati, il Castillo della Real Fuerza e la calle Obispo, la via dei negozi che arriva fino al Capitolio, oggi sede di un museo. Obbligatoria una sosta all’hotel Ambos Mundos, dove visse Ernest Hemingway, per visitare la sua stanza, conservata intatta, e l’Hotel Florida, anch’esso frequentato dallo scrittore americano. Immancabile una tappa alla Bodeguita del Medio a sorseggiare un mojito. Per conoscere i segreti dei sigari cubani bisogna invece visitare la vecchia Fabrica de Tabacos, dietro al campidoglio, e approfittate dei prezzi accessibili per bere qualcosa o cenare sulle terrazze degli hotel di lusso, come il Saratoga, con vista proprio sul campidoglio, o l’Hotel Nacional, frequentato in passato anche da Fidel Castro. In taxi fatevi portare in Plaza de la Revoluciòn, la sera è molto meglio, a fotografare i due simboli rivoluzionari la cui enorme effigie campeggia su due grattacieli: il Che e Camilo Cienfuegos.

Per conoscere i cubani il consiglio è quello di alloggiare nelle casas particulares, le case dei cubani autorizzate dallo stato e aperte ai turisti. Il primo vantaggio è naturalmente il prezzo, uguale per tutti (ma dipende dalle zone di Cuba) e molto basso, attorno ai 22-25 euro per due persone in camera doppia. Per la colazione, abbondante, sana e ricca di frutta, si aggiungono al massimo tre euro a testa. Le case particular sono pulitissime e hanno spazi comuni che raccontano tempi lontani. Le porcellane e i cristalli radunati nei salotti, un po’ alla rinfusa, sono perfetti nelle sale ariose delle case coloniali, che fanno viaggiare nel tempo e con la fantasia. Per prenotare le case in tutta l’isola basta rivolgersi al proprietario, che si premurerà di chiamare altri proprietari nelle destinazioni prescelte. Nelle case si può inoltre cenare o pranzare, sentendosi dei veri re gustando aragoste preparate e servite dai componenti della famiglia, che se vorrete conoscere meglio scoprirete essere ingegneri, medici, architetti. Basta muoversi e vivere così per un paio di giorni e non ci si sente più semplici turisti. Molti turisti, visitando Cuba, scelgono le sue spiagge, il comfort dei lussuosi villaggi vacanze venduti in un pacchetto che include volo, soggiorno e la formula all inclusive, cioè hotel, buffet e bevande a volontà 24 ore su 24.

Ma si dovrebbe evitare di sacrificare l’isola e i suoi miti, la sua storia, solo per il relax sulla sabbia. Dalla capitale i collegamenti in autobus con Viazùl, verso l’ovest, sono molto frequenti e ben organizzati. Ci vuole tempo, l’autostrada non copre l’intera isola, ma vale la pena osservare i paesaggi e la vita nei campi e nei villaggi che scorre davanti mentre ci si sposta. Dall’Avana, verso ovest si raggiunge in poche ore la regione di Pinar del Río, dove ammirare la vallata di Viñales e la natura che caratterizza questa zona. Verso oriente invece, a circa cinque ore di viaggio, si arriva a Trinidad, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Questa città, un vero gioiello che racchiude dentro di sé secoli di storia - fu fondata infatti nel XVI Secolo - ha la particolarità di trovarsi tra le montagne, con la vicina Sierra dell’Escambray, e il mare, a pochi minuti di auto. Qui un’intera giornata andrebbe dedicata a girovagare senza meta per il centro storico di Trinidad, piccolo e magico. La sera, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, non cala il silenzio insieme alla notte, ma le luci fioche delle vie, sembrano avere ancora più vivacità grazie alla musica che risuona dalle case e dai locali. La vita sociale è molto importante per i cubani e basta poco tempo per accorgersene. Da Trinidad ci sono autobus che partono ogni giorno per Varadero, la popolare località turistica piena di grandi alberghi di lusso, oppure per Santiago, nella parte orientale dell’isola.

Sempre da Trinidad si raggiunge Santa Clara, dove si trova il mausoleo di Che Guevara. Per raggiungerlo però non ci sono autobus, ma solo tour organizzati o taxi e auto private, che attraversano la sierra dell’Escambray, lungo strade dissestate che tagliano la foresta. Da Camagüey e Holguin, a est di Trinidad, si raggiungono le località sulla costa settentrionale. Atterrano qui infatti i voli charter che portano i turisti verso i cayos (Cayo Coco, Cayo Guillermo e Cayo Romano), oppure a Santa Lucia e Guardalavaca. Il mare caraibico e la sabbia bianca sono un paradiso per gli amanti di immersioni e snorkeling, grazie alle meraviglie offerte dalla barriera corallina. Gli hotel della costa offrono, come a Varadero e sui cayos, la formula tutto incluso, mentre non mancano le case particular, assenti invece a Varadero. Santa Lucia è una località molto frequentata e ha il vantaggio di avere prezzi più bassi rispetto alle popolari destinazioni turistiche. Si raggiunge in taxi da Camagüey, un viaggio di circa due ore nella campagna quasi deserta, dove si vedono per chilometri e chilometri fattorie e allevamenti di bovini. Le province orientali di Cuba offrono località come Baracoa, che però resta fuori da un itinerario se il tempo è poco.

Questo villaggio tanto amato e dalla vita notturna molto vivace si raggiunge da Santiago o da Guantanamo, nota per la base militare americana. La coloniale Santiago protetta dalle montagne della Sierra Maestra (la rivoluzione è praticamente iniziata qui), accoglie il visitatore con un’esplosione di voci, confusione, motorini e auto continuamente in movimento. Non poteva che venire da questa città lo scatenato carnevale che si tiene in luglio, a suon di musica, un leit motiv che caratterizzerà tutto il viaggio a Cuba. Sempre a Santiago, nel centro storico, c’è la Casa de la Trova, il tempio della musica, e nelle sue vicinanze si trovano anche botteghe di vecchi libri e stampe. Per restare in tema, al cimitero di Santa Ifigenia si può a rendere omaggio a Compay Segundo e a José Marti, un altro grande rivoluzionario cubano ed eroe nazionale, che lottò per l’indipendenza dagli spagnoli alla fine dell’800. Vale la pena inoltre visitare la caserma Moncada, assaltata senza successo nel 1953 da Fidel Castro e dai suoi uomini nel primo tentativo di rivoluzione. Nonostante finì nel sangue, l’azione servì a far conoscere al paese la determinazione del líder máximo che, arrestato e processato, pronunciò nel suo lungo discorso di autodifesa la celebre frase "la storia mi assolverà".

Rovereto e la Vallagarina tra natura e buon gusto


copyright www.latitudinex.it
ROVERETO - Rovereto è un punto di incontro. Nel suo centro storico, ancora miracolosamente intatto, con i suoi palazzi, con i giardini all’italiana e con le sue corti, il turista ci passa per diversi motivi. Chi ama il Trentino trova nello splendido territorio della Vallagarina l’ambiente ideale per una vacanza full immersion nella natura. Le maestose Dolomiti svettano infatti poco più a nord e l’inverno brentonico non è solo sci, ma anche slittino, pattinaggio e passeggiate con le racchette da neve al chiaro di luna. Rovereto infatti dista solo 25 chilometri dalle piste del Monte Baldo e dalla località sciistica di San Valentino che, con le sue piste che guardano il lago, regalano al discesista uno spettacolo davvero emozionante. Il 23 gennaio l’Azienda per il Turismo propone la manifestazione Golosaveva 2010, sei chilometri di percorso con ciaspole o sci con cinque soste golose in malga che daranno la possibilità di assaporare cibi regionali (formaggi, canederli in brodo, stracot con polenta, strudel e torte) accompagnati dai loro famosissimi vini.

Per gli amanti della natura l’altopiano di Brentonico è conosciuto dai botanici di tutta Europa per la ricchezza delle sue specie floreali. La riserva naturale di Bes-Corna Piana è habitat naturale di centinaia di fiori e piante protette, tanto che nella stagione della fioritura si possono ammirare alcune antichissime specie endemiche sopravvissute alle glaciazioni. Il turista più curioso e accanito è invece quello che di Rovereto assapora il gusto storico-culturale. Prima tappa il Mart (Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto) inserito tra i settecenteschi palazzi di Corso Bettini e affacciato su una piazza completamente ricoperta da una cupola di Cristallo. I suoi 14.500 metri quadri sono suddivisi su quattro piani, con una collezione permanente di più di centomila opere a cui si aggiungono importanti esposizioni temporanee in grado di richiamare da tutta Europa pubblico e appassionati di arte contemporanea. C’è tempo fino al 25 aprile 2010 invece per la personale dedicata al pittore trentino Eugenio Prati, con opere dedicate al Simbolismo, al Verismo e alla Scapagliatura. Da non perdere per nessun motivo il Museo Storico della Guerra, oggi uno dei più completi in Italia per quanto riguarda materiali, armi, reperti e documenti video e fotografici sulla Prima guerra mondiale. Una chicca: sentire i cento ritocchi in memoria dei caduti della Campana della Pace, la più grande campana del mondo che oggi ha trovato dimora sul Colle Miravalle, a monte della città della Quercia.

C’è poi anche chi a Rovereto va per castelli percorrendo la Strada del Vino e dei Sapori. D’altronde tutto ciò che subito salta all’occhio del turista sono le mura merlate e i bastioni di qualche rocca, come quelle del Castello di Avio o quelle ancor più maestose di Castel Beseno o quelle della stessa rocca di Rovereto. Un giro all’interno di questi manieri è consigliato davvero, non solo per la posizione panoramica che occupano, ma per la storia che si vive al loro interno, caratterizzata da un passato intriso di drammatiche contese e affascinanti leggende. Binomio cultura e gusto anche per gli affiatati gourmet che avranno numerose occasioni per gustare i sapori raffinati e genuini dei prodotti locali, ma soprattutto dello Chardonnay, del Pinot, Cabernet, Merlot, Moscato e Müller Thurgau, rinomati vini per cui il Trentino è famoso. Una sosta merita l’azienda agricola De Tarczal per degustare il famoso Marzemino e la cucina tipica della stessa vineria. Un suggerimento per chi desidera godersi anche un fine settimane con coccole e relax: pernottare nel nuovissimo Hotel Nerocubo un "business and design hotel" dove ogni piano è dedicato a una mostra di pittura contemporanea, con camere eleganti, ma essenziali e un centro benessere che propone un particolare trattamento con impacco di arnica in Vasca Nuvola, oltre che sauna, bagno turco e una serie di massaggi dedicati alla rivitalizzazione di tutto il corpo.

I viaggi di Luca Jurman


copyright www.latitudinex.it
Arrangiatore e interprete dei venti brani contenuti nell’album "Live in Blue Note Milano" dal 4 dicembre in tutti i negozi, Luca Jurman ha fatto sold out nel jazz club milanese. L'artista è anche l’inventore del Vocal Classic, innovativo metodo di insegnamento di canto che sarà pubblicato entro l’anno. Inizialmente affermatosi come vocalist di artisti nazionali e internazionali, nel 2001 Jurman diventa direttore e arrangiatore musicale del tour mondiale di Laura Pausini, ricevendo la nomination ai Latin Grammy Awards 2002 per la produzione vocale nel disco antologico "The best of Laura Pausini". La sua carriera si evidenzia anche nel settore pubblicitario come autore e interprete di oltre 300 jingles, nel teatro, dove ha curato la direzione musicale del musical "Grease" con Lorella Cuccarini, in qualità di supervisore artistico insieme ad Arturo Brachetti del musical "Peter Pan", di Maurizio Colombi e come attore nel film "Ricordati di me" di Gabriele Muccino. Ma la sua vera passione resterà sempre la musica, tanto che, dopo il primo lavoro di sole cover arrangiate in chiave soul pubblicato nel 2004, esce nel 2008 con l’album "Back to" che ne evidenzia la spiccata predilezione verso il genere R&B, soul e motown. Nel dicembre 2009 esce il terzo doppio cd live le cui venti tracce sono state registrate nel tempio milanese del jazz e pubblicate da Nar International. Latitudine X lo ha incontrato direttamente al Blue Note.

Come si prepara mentalmente un musicista quando deve intraprendere un viaggio?
Ho sempre una valigia pronta da sdoganare in un altro territorio, ma, se non si tratta di un viaggio di puro piacere, la scelta cade d’inverno in una località sciistica e d'estate in una località marittima, dove comunque posso sempre dedicarmi ad attività come lo snorkeling o il nuoto. Mentalmente mi preparo al riposo mentale più totale, prediligendo mete turistiche e poco frequentate perché desidero vivere il viaggio come un momento di stacco dal mio lavoro, che comporta sempre un’intensa attività sociale.

Hai scelto una meta di viaggio dedicata alla musica?
Ho scelto la Cina, molti anni fa non tanto per apprendere un nuovo territorio musicale ma per superare impatti emotivi ed emozionali. Volevo provare a vivere un'esperienza completamente in solitudine. Ho fatto tutto il percorso della Muraglia Cinese. Cercavo la mia essenza e i profumi della vita. È chiaro che da quel viaggio ne è scaturita anche un'esperienza che poi ho applicato alla musica. Ma si è trattato comunque di un percorso interiore. Come confronto musicale per ascoltare e conoscere una diversa realtà musicale ho scelto invece New York.

Cosa non dimentichi di mettere nella valigia?
Il computer. Dentro c'è la mia vita, artistica e personale.

Un musicista può trovare fonti di ispirazione viaggiando?
Assolutamente sì. Una delle più forti fonti ispirazioni per la mia creatività è la natura e le sensazioni che da questa scaturiscono. Sono necessari degli stimoli esterni per poter vivere queste emozioni e trasformarle in musica. Il viaggio ti porta sempre alla creazione di un qualcosa di nuovo.

19 gennaio 2010

Il Partenone


copyright www.latitudinex.it
Mary Beard - Laterza, Bari 2006 - pp. 197

L’abbiamo visto per anni sui libri di scuola, studiato come esempio eccellente di tempio della Grecia del V secolo. L’abbiamo visitato sfidando il caldo e l’irregolarità dei gradini dell’acropoli e ci siamo fatti fotografare insieme a lui, proprio come tutti i turisti del mondo. Ma cosa ricordiamo del Partenone? Per rispolverare vecchie nozioni e incamerarne tantissime nuove si consiglia la lettura di quest’opera di Mary Beard, docente universitaria di Storia antica dell’Università di Cambridge e autrice di vari testi sulla cultura classica. Per quanto i titoli della studiosa siano particolarmente altisonanti e la trattazione notevolmente approfondita, il libro si presenta come lettura piacevole e accessibile a tutti, merito soprattutto del linguaggio semplice, condito, in molti casi, con una buona dose di ironia.

Nel volume viene ripercorsa tutta la storia di questo patrimonio dell’umanità, dalla fase del suo progetto a opera di Fidia su indicazioni di Pericle ("se dovessimo dar retta a Plutarco, Fidia starebbe a Michelangelo come Pericle al papa Giulio II"), fino all’ultimo, eterno, restauro, iniziato nel 1983. In questo arco temporale lunghissimo, il Partenone è stato adibito a tesoreria durante la guerra con i Persiani (479 c. C.), convertito in chiesa (Nostra Signora di Atene, 450), in moschea (1460), usato come deposito di munizioni dei turchi ottomani in guerra contro Venezia (1687) e, per questa ragione, bersaglio di rovinose cannonate. Quindi è stato privato di un numero impressionante di sculture (1799-1803), è stato smembrato, spogliato, ricostruito (inizio del XX Secolo) e demolito (1844).

La storia di Atene è stata da sempre molto movimentata. Tuttavia, nonostante il Partenone ne sia stato sin dall’inizio al centro dell’attenzione, ancora oggi permangono dubbi sulla sua funzione originaria, sull’interpretazione del fregio, sulla disposizione delle sculture nel frontone e sul fatto se sia stata la vergine (parthenos) Atena a dare l’appellativo a tempio, o il tempio alla dea. Il libro affronta anche l’antica e nota controversia tra il British Museum, che conserva gran parte dei marmi del Partenone e la Grecia, che li rivorrebbe a casa. Ma la particolarità del volume, l’ingrediente che lo differenzia dai numerosi altri sull’argomento, è l’indagine sulla ricezione del tempio nel mondo moderno e contemporaneo, che ci fa scoprire come, mentre Virginia Woolf, di fronte alla grandiosità del monumento si sentì quasi mancare, Winston Churchill "avrebbe desiderato vedere qualche colonna in più rimessa in piedi".

Palladio


copyright www.latitudinex.it
James S. Ackerman - Einaudi, Torino 1998 (I ediz.1966) - pp. 98

Considerata la monografia per eccellenza su Palladio (1508-1580), l’opera di Ackerman, agile (nemmeno 100 pagine), ma allo stesso tempo completa, è un vademecum prezioso. Prezioso non solo per gli specialisti del settore, ma anche per chi, in procinto di partire per o di ritorno da un viaggio a Venezia, Verona, Vicenza, Padova e l’area del Brenta, desideri conoscere meglio colui che, da più di cinque secoli, in quelle zone ha lasciato tracce tanto profonde da esserne diventato una sorta di sinonimo. Il testo, seguito da un corposo apparato fotografico, cui l’autore rimanda costantemente, è diviso in cinque parti: una parte biografica, che illustra le vicende che portarono il giovane Palladio dalla bottega di un lapicida di provincia fino ai circoli più esclusivi della Vicenza umanistica.

Seguono tre parti dedicate rispettivamente alle tipologie architettoniche che il maestro realizzò (ville, edifici pubblici e palazzi, architettura religiosa), e una finale in cui, riferendosi ai progetti realizzati e a quelli contenuti nei palladiani "Quattro libri dell’architettura", Ackerman spiega i principi architettonici del maestro. Quegli stessi principi che resero Palladio famoso, richiesto, immediatamente riconoscibile e presto imitato. Anche se mai eguagliato. Indubbiamente influenzato dallo stile del Bramante, dall’ordine rustico di Giulio Romano, da quello gigante di Michelangelo, forte dello studio di Vitruvio e intriso di suggestioni padane e lagunari, Palladio seppe creare uno stile nuovo allo stesso tempo antico, funzionale, ma anche armonioso. In una parola sola: originale ("il fatto di risiedere a Venezia non lo rese più veneziano; fu invece Venezia a diventare più palladiana").

L’acclamato architetto di Villa Barbaro (Maser), della Rotonda (Vicenza) e della serenissima chiesa di San Giorgio Maggiore ebbe anche lui una croce e delizia: il Palazzo della Ragione (o Basilica) di Vicenza, il cui ampliamento e consolidamento gli procurarono sì un successo improvviso e una pioggia di commissioni di palazzi, ma anche grattacapi e lungaggini che si protrassero ben oltre l’anno della morte del maestro. La frase: "L’armonia di Palladio fu soltanto un geniale prodotto dell’Umanesimo, che un architetto di grande sensibilità seppe usare con incomparabile efficacia; per il fatto di essere stata accettata da tante generazioni successive, quest’armonia ha assunto nella pratica dell’architettura un ruolo che appare ormai insostituibile".

Intorno ai sette colli


copyright www.latitudinex.it
Julien Gracq - Mattioli 1885, Fidenza 2009 - pp.137

Nel 1976, all’età di sessantasei anni, Julien Gracq (1910-2007) decise che era giunto il momento di visitare Roma. Da uomo di Lettere, il viaggio nella Città Eterna era per Louis Poirier (questo il suo vero nome) carico di aspettative. E, si sa, quando le aspettative sono tante, è raro che non si rimanga almeno un po' delusi. "Intorno ai sette colli" è un’opera sulla disillusione, sulla sottile malinconia che sopraggiunge quando si scopre un luogo diverso da come lo si era immaginato. Un sentimento che, nel caso dell’autore, rimase inalterato per tutti e dodici gli anni in cui questo diario di viaggio decantò in un cassetto prima di raggiungere la scrivania dell'editore, nel 1988. La lettura del volume è decisamente sorprendente. Un po' dispiace, è innegabile, constatare come la bellezza di Roma non abbia entusiasmato un animo sensibile come il suo, o leggere della marginalità e della timidezza provinciale dell’Eterna, eppure è difficile non amare questo libro.

E impossibile non sorprendersi di fronte alle sue metafore e confronti inediti, capaci di mostrarci Roma come non l’abbiamo mai vista. Più che descrivere la città, Gracq ha disegnato dei veri e propri quadri onirici, in cui il Colosseo non è tanto una rovina, quanto "un fossile monumentale smisurato" e nei quali "San Pietro è un colosso dalle spalle strette". Immancabili sono i paragoni con le bellezze di Francia, dai quali Roma esce quasi sempre perdente. Sebbene infatti la Colonna Traiana sia più nobile della colonna di Place Vendôme, via Margutta non fa pensare al Montparnasse di Picasso o di Pascin "ma ai versanti posteriori di qualche sobborgo Saint-Germain un po' sciupato" e Piazza di Spagna a un abbozzo in piccolo delle scalinate di Montmartre e della folla a passeggio per la Place du Tertre.

Parole non meno acide spettano al Tevere, che non merita neanche di essere chiamato fiume; al Vittoriano ("torta a più piani del re baffuto") e alla Piazza del Campidoglio, "fiera ma sfortunatamente avvilita dalla statua equestre priva di grandeur di Marc’Aurelio che cavalca a pelo come il garzone di un mugnaio". Fortunatamente, in questa città, "in cui tutto si accatasta, s’incastra e si contamina" qualcosa si salva: l’Aventino con la chiesa dei Cavalieri di Malta, le pose baudeleriane dei gatti sui tronchi delle colonne dei Fori e la superba Piazza Navona, il cui splendore riesce a fargli scrivere un appassionato: "mi estasiava sia caderci dentro quando non la stavo cercando, sia smarrirmi tutte le volte che vi avevo un appuntamento".